martedì 11 dicembre 2012

Artrosi dell'Anca (Coxartrosi), il suo trattamento (Domande Frequenti)

Come è fatta l’articolazione dell’Anca??

L’articolazione è una speciale struttura del corpo umano in cui si incontrano la parte terminale di due o più ossa.. L´anca  è costituita dalla parte superiore del femore, la "testa del femore", e da una cavità del bacino chiamata "acetabolo".

 

Le estremità delle ossa che formano un´articolazione sono ricoperte di un materiale liscio e brillante chiamato "cartilagine ialina". Questo materiale protegge l´osso sottostante da sforzi e pressioni eccessive e permette all´articolazione di muoversi facilmente senza dolore. L´articolazione è racchiusa in una capsula chiamata "sinoviale". Quest´ultima produce un liquido lubrificante, che aiuta a ridurre la frizione e facilita il movimento dell´articolazione.
I legamenti garantiscono la connessione tra le ossa e la stabilità dell´articolazione.I muscoli e i tendini attraversano l´articolazione, ne assicurano e ne permettono il movimento.

Che cos’è l’ Artrosi dell’Anca (Coxartrosi)?

L’artrosi dell’anca, o coxartrosi, è la più comune malattia che possa colpire l’anca dell'adulto. E’ una malattia cronico-degenerativa, che si instaura progressivamente nel corso degli anni e conduce ad una disabilità crescente.

Può essere grossolanamente definita una sorta di “usura” dei capi articolari, nella quale lo strato di cartilagine che riveste la testa del femore e la cavità acetabolare si assottiglia progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e producendo escrescenze periferiche appuntite, gli osteofiti.

 

Nelle fasi più avanzate della malattia la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare le deformità che caratterizzano le coxartrosi di vecchia data: anche semiflesse, rigide, ruotate all’esterno.

Come si manifesta la Coxartrosi?  Quali sono i sintomi?

I tre segnali caratteristici sono dolore, rigidità e zoppia. Il paziente con una  coxartrosi presenta un dolore caratteristico (coxalgia), localizzato a livello dell’inguine e talvolta a livello del gluteo. E’ frequente l’irradiazione del dolore lungo la faccia anteriore della coscia fino al ginocchio.

Poiché l'origine del dolore è essenzialmente meccanica, questo è accentuato dalla deambulazione e dal movimento articolare in genere, mentre viene alleviato dal riposo.

Il dolore indotto dal carico determina una zoppia di fuga: in altre parole, il paziente tende ad abbreviare l'appoggio sull'arto dolente, riducendo la fase di appoggio sul piede corrispondente.

Il dolore indotto dal movimento provoca per via riflessa la contrattura della muscolatura dell’anca, soprattutto dei muscoli extrarotatori. La limitazione del movimento è un segno che in genere appare quando l'artrosi comincia ad essere di grado più elevato. Si osserva pertanto una limitazione precoce dei movimenti di rotazione interna (ovvero il paziente non riesce più a ruotare la punta dei piedi “all’indentro”) e, più tardivamente, anche degli altri movimenti, fino al punto in cui semplici gesti come calzare una scarpa o indossare le calze diventano impossibili.

Negli stadi più avanzati l’usura dei capi articolari può generare accorciamenti significativi dell'arto interessato, fino ad oltre 1 centimetro.

Come si diagnostica o si conferma la diagnosi?

Per fare diagnosi di Coxartrosi è sufficiente di norma un buon esame radiografico, preferibilmente eseguito stto carico (ortostatismo).



In alcuni casi può essere opportuno eseguire una T.A.C.  o una R.M.N. dell’articolazione allo scopo di valutare nelle tre dimensioni il danno articolare, e nei casi di difficile diagnosi differenziale.

 

Quali sono le cure possibili in caso di Coxartrosi?

Nelle fasi più iniziali del processo degenerativo artrosico è possibile mettere in atto una strategia per migliorare i sintomi (dolore e rigidità articolare ) e contrastare l’evoluzione verso il progressivo  peggioramento del quadro artrosico, che rappresenta la naturale evoluzione della coxartrosi.

Tale strategia prevede:

  1. Riduzione dell’eventuale sovrappeso
  2. Ginnastica dolce ed fkt per conservare il pù possibile il movimento articolare
  3. Utilizzo di talloniere e scarpe ammortizzanti
  4. Ricorso ad antidolorifici solo nelle fasi di acutizzazione dei sintomi
  5. Condroprotettori per via orale
  6. Viscosupplementazione con acido Ialuronico intraarticolare

 

 

Nelle fasi tardive è necessario procedere alla sostituzione delle superfici articolari danneggiate con una protesi più o meno invasiva dell’anca artrosica

Cosa succede col tempo se non si opera?.

La storia naturale di una Coxartrosi è il suo progressivo peggioramento, fino a quadri di inabilità molto importanti.

Quando è necessario ricorrere alla Chirurgia?

Quando l'artrosi è causa di importanti limitazioni funzionali, il dolore non è più controllabile, e la qualità di vita del paziente nel quotidiano diventa troppo scadente; ciò vale in qualsiasi fascia d'età. Negli ultimi tempi si sono registrati importanti passi in avanti nel campo dei materiali, delle biotecnologie e delle procedure chirurgiche mini invasive. Gli approcci chirurgici mininvasivi, ovvero di risparmio dei tessuti (tissue sparing), consentono, in pazienti selezionati, di ottenere recupero funzionale più rapido, una riduzione drastica del dolore, cicatrici meno sgradevoli, riduzione delle perdite di sangue intra e post-operatorie. Questa chirurgia sta raggiungendo l'obiettivo di essere eseguita "senza o con minimo impegno doloroso";  E' naturalmente indispensabile un’accurata pianificazione preoperatoria all'intervento fino al post-operatorio. Dopo questo tipo di intervento non è necessario un programma di riabilitazione particolare, ma solo un controllo fisioterapico della deambulazione per circa 40 giorni a domicilio.

mercoledì 5 dicembre 2012

L'Alluce Valgo (Domande Frequenti)

Che cos'è l'alluce valgo?
La progressiva deviazione dell’alluce verso l’esterno del piede causata dallo spostamento verso l’interno e verso il basso della prima testa metatarsale. In questo modo le prime due teste metatarsali si allontanano l’una dalla altra e la sporgenza della prima verso l’interno del piede conduce alla comparsa di una protuberanza ossea (esostosi) dolente ed esteticamente sgradevole.






Quali sono i sintomi?
La deformità si accompagna nel tempo alla comparsa di dolore in corrispondenza della sporgenza ossea alla base del primo dito ( esostosi) ed al di sotto delle prime teste metatarsali con la frequente formazione di callosità.


 

Perchè alcuni sviluppano l'alluce valgo ed altri no?
Esiste certamente una familiarità spiccata per questa deformità. Quasi invariabilmente in famiglia si riscontrano casi analoghi.


 


Chi è a rischio?
Chi ha una familiarità per alluce valgo. L’utilizzo di calzature strette o di tacchi non è mai responsabile della comparsa della deformità, al più tale abitudine può accentuare la sintomatologia dolorosa.


 


Come si diagnostica ?
La diagnosi è clinica ma è bene effettuare una radiografia degli avampiedi sotto carico prima di consultare il chirurgo


 


Qual'è il corretto trattamento?
L’unico reale trattamento della deformità è chirurgico.  E va considerato quando la sintomatologia diventa invalidante e non risente favorevolmente dell’utilizzo di plantari ed ortesi.


 



Cosa succede col tempo se non si opera?
Si assiste ad una lenta e progressiva accentuazione della deformità e della sintomatologia.


 


Come si effettua l'intervento?
Esiste una chirurgia tradizionale, una chirurgia mini-invasiva ed una chirurgia percutanea.
Indipendentemente dalla tecnica l’obbiettivo è la correzione completa e stabile della deformità con il riallineamento del primo raggio che si realizza attraverso la traslazione della testa del primo metatarso verso il secondo, rispettando accuratamente l’articolazione.
Ciò si realizza mediante piccole osteotomie, mini fratture , effettuate sull’osso (metatarso e falange)
La tendenza oggi è quella di utilizzare la tecnica più possibile conservativa in relazione alla gravità della patologia.
Nei casi in cui la deviazione del primo metatarso sia contenuta è possibile utilizzare una tecnica percutanea che realizza la correzione suddetta attraverso piccoli fori e l’utilizzo di manipoli e frese simili a quelle odontoiatriche. Si evita in questo modo l’incisione chirurgica con molteplici vantaggi sul rischio di complicanze. Non si utilizzano mezzi di sintesi interni in quanto la correzione rimane affidata al bendaggio post-operatorio (Taping).






Nei casi in cui la deformità  si presenti molto marcata si rende necessario un approccio chirurgico aperto, che viene però oggi effettuato rispetto al passato attraverso una chirurgia mini-invasiva, con piccole incisioni e minima invasività sui tessuti molli. In questi casi la stabilizzazione della correzione ottenuta sarà affidata a piccoli mezzi di sintesi (viti, cambre) che rimarranno interne all’osso e non richiederanno la successiva rimozione.


 


Quali sono i vantaggi ed i rischi dell'intervento?
La correzione della deformità conduce immediatamente alla scomparsa dei sintomi, e progressivamente al miglioramento della deambulazione e dell’equilibrio posturale.
Le tecniche mini-invasive e percutanee riducono l’aggressione chirurgica e pertanto diminuiscono fortemente l’incidenza di complicanze.
Le complicanze della chirurgia tradizionale che possono verificarsi nel post-operatorio:
gonfiore (edema) della parte operata, dovuto a rallentamento della circolazione venosa e linfatica del piede; l’edema dura a lungo (oltre tre mesi) e si verifica più frequentemente in soggetti anziani e con insufficienza venosa periferica;
difficoltà di guarigione della ferita;
infezioni profonde o superficiali;
mancato consolidamento dell’osteotomia;
intolleranza ai mezzi di sintesi o mobilizzazione degli stessi;
rigidità articolare.
metatarsalgia (dolore all’appoggio plantare)
recidiva , rara, tuttavia è possibile che permanga parzialmente la deviazione del dito, in quanto le ipercorrezioni sono funzionalmente negative.


Il trattamento chirurgico mini-invasivo e percutaneo per i motivi suddetti riduce al minimo o elimina del tutto la possibilità di tali complicanze

Quale il trattamento post-operatorio?
In piedi con carico completo già dal giorno dopo l’intervento. Scarpetta tipo Talus in caso di chirurgia aperta, altrimenti sarpa comoda ed appoggio a piatto per circa un mese.
Per i primi giorni piede operato in discarico il più possibile per evitare gonfiore.
E’ possibile tornare alla guida dopo circa un mese, ed allo sport dopo 3 mesi.


Esiste il rischio di recidiva?
E' un evento eccezionale oggi che la correzione della deformità si effettua sulle strutture ossee del piede.